Pittore, scrittore, architetto, scienziato italiano. Figlio illegittimo del
notaio ser Piero da Vinci, di cui non è ricordato il casato, e di
Caterina, poi moglie di Acattabriga di Piero del Vacca. Dal 1469, a seguito del
padre, si stabilì a Firenze, dove nel 1472 era già iscritto come
pittore nella corporazione dei pittori operante in città. Nel 1476, anno
in cui fu prosciolto da un'accusa di sodomia, era nella bottega di Andrea del
Verrocchio, di cui il Vasari dice che
L. fu scolaro. Dal 1482 era a
Milano alla corte di Ludovico il Moro, inviatovi, secondo alcune fonti, in
qualità di musico da Lorenzo il Magnifico. A Milano egli svolse intensa
attività di pittore; attese a una statua equestre in onore di Francesco
Sforza; fu apparatore di feste e scenografo, ingegnere militare, consultato per
problemi di architettura. Questo periodo fu il più fecondo di opere
compiutamente realizzate e di altre riprese in seguito. In particolare
L.
poté approfondire i propri studi scientifici e intraprenderne di nuovi,
nel campo sia della fisica sia delle scienze naturali. La caduta di Ludovico il
Moro (16 marzo 1500) costrinse
L. a lasciare Milano. Insieme al
matematico L. Pacioli, di cui era amicissimo, e allo scolaro Salai,
L.
partì per Venezia, fermandosi lungo il viaggio a Mantova alla corte di
Isabella d'Este, dove fu accolto con grande favore e ricevette richieste di
opere di pittura. Nel 1501 aveva già lasciato Venezia ed era di nuovo a
Firenze, dove disegnò il primo cartone della
Sant'Anna e dipinse
per Florimond Robertet, segretario di Stato di Luigi XII, una
Madonna
forse scomparsa. In questo stesso periodo attese a intensi studi di geometria.
Dal maggio 1502 al maggio 1503
L. fu lontano da Firenze, quasi sempre al
servizio del duca Valentino (Cesare Borgia), a sua volta in stretto rapporto con
Luigi XII. Sono di questo periodo i suoi viaggi a Urbino, Rimini, Cesena,
Pesaro, Cesenatico e in altre città delle Marche e della Romagna.
Ritornato a Firenze, si occupa ancora, per P. Soderini, di questioni militari e
di canalizzazioni, di pittura, e incomincia a studiare il volo degli uccelli. In
questo periodo riceve dalla Signoria l'incarico di dipingere un episodio
vittorioso della storia di Firenze, destinato a decorare Palazzo Vecchio, la
celebre
Battaglia d'Anghiari. Amareggiato per l'esito infelice del grande
dipinto murale della
Battaglia d'Anghiari lasciato poi incompiuto, deluso
per la frustrazione dei suoi progetti di ingegnere e per l'incomprensione degli
artisti e dei mecenati fiorentini,
L. nel 1506 è di nuovo a
Milano, protetto di Luigi XII. È però a Firenze nel marzo del
1508, in casa di Piero Martelli ove inizia uno zibaldone di annotazioni di
matematica e fisica. Nel settembre dello stesso anno è però ancora
a Milano, intento allo studio di sistemi di chiuse e di canali navigabili. Nel
dicembre del 1512 il ritorno a Milano di Massimiliano Sforza, figlio di Ludovico
il Moro, costringeva
L. a rifugiarsi a Vaprio presso il fedelissimo
discepolo F. Melzi. Nel 1513, fu chiamato a Roma da Giuliano de' Medici, ma a
Roma
L. si vide escluso dalle grandi opere del tempo: i progetti per S.
Pietro e la decorazione del Vaticano; gli fu portato via il trattato
De
Vocie che aveva composto; fu ostacolato nelle sue ricerche di anatomia. Uomo
di cultura e di scienza, egli non abbandonò mai l'una per l'altra, ma
coltivò fino all'ultimo infiniti interessi in tutti i campi dello scibile
umano, tanto da incarnare uno degli ultimi e fortunatissimi esempi del sapere
enciclopedico, figlio di quell'"umanesimo scientifico" che vedeva l'arte, al
pari della scienza, come l'anello intermedio tra la natura e Dio. Sono del 1514
il riferimento a una sua opera matematica sulla quadratura del circolo e sulle
superfici curvilinee, e l'inizio del suo
De Ludo geometrico. Del
1514-1515 gli studi sul prosciugamento delle paludi pontine e sul porto di
Civitavecchia; e la Leda, dipinta, pare, per Giuliano de' Medici. Nel 1515
L. annota la partenza da Roma di Giuliano de Medici e la morte di Luigi
XII; nel 1516 trascrive le misurazioni della Basilica di San Paolo. Nel 1517
accetta l'ospitalità offertagli da Francesco I nel Castello di Cloux
presso Amboise;
L., benché impedito da paralisi alla mano destra,
attendeva agli studi di anatomia e scienze militari. Nel 1518 è assai
probabile che
L. partecipasse ad Amboise alle feste per il battesimo del
Delfino e per il matrimonio di Lorenzo de' Medici con una nipote del re. Da
appunti leonardeschi si apprende che egli studia un canale d'irrigazione tra
Tours, Blois e la Saona e progetta un castello mai realizzato. Del 23 aprile
1519 è il testamento di
L., il cui originale è andato
perduto. In esso dà disposizioni affinché sia seppellito nella
chiesa di Saint-Florentin ad Amboise. Esecutore testamentario il Melzi al quale
lascia tutti i manoscritti e gli "Instrumenti et Portracti circa l'arte sua et
industria dè pictori", nonché quanto ancora gli spetta dalla
tesoreria reale. Lascia la vigna di Milano per metà al suo servitore e
per metà al Salai; dispone per i poveri; lascia ai fratelli carnali in
Firenze un podere a Fiesole e il suo deposito (400 scudi circa) presso Santa
Maria Novella. Muore il 2 maggio 1519: le sue ceneri andarono disperse nei
disordini delle guerre ugonotte.
L'OPERA
ARTISTICA L'arte di
L. si manifesta sin dai suoi
inizi come cosciente rielaborazione della tradizione quattrocentesca mirante a
rendere nell'arte lo spirito cosmico dell'universo. Nella raccolta postuma di
appunti di
L. che va sotto il nome di
Trattato della pittura
sostenne la superiorità della pittura sulla scultura appunto in nome
delle straordinarie possibilità evocatrici, simili a quelle della poesia,
ch'egli riconosceva alla prima. Eccezionale per il suo tempo è il peso
che nel contesto complessivo ebbero le sue opere, sebbene alcune non siano state
completamente ultimate (molti sono semplici schizzi). Già nel 1473, a
Firenze, si hanno ancora prove della sua collaborazione col Verrocchio nella
pittura del
Battesimo (dipinto per la chiesa di San Salvi, dal cui
chiostro passò poi a quello di Vallombrosane di Santa Verdiana) agli
Uffizi. Opere pittoriche di questo primo periodo sono: il ritratto muliebre,
già
Dama Liechtenstein, ora a Washington (la cosiddetta
Ginevra
Benci); l'
Annunciazione (proveniente dalla chiesa di San Bartolomeo
di Monteoliveto ove era tradizionalmente attribuita a Domenico Ghirlandaio) agli
Uffizi e l'altra più piccola al Louvre; la
Madonna del Garofano a
Monaco di Baviera;
Testa di Medusa, in cui la tecnica dei rettili
è tipicamente fiamminga;
Angelo a mezzo busto, descritto dal
Vasari nel guardaroba di Cosimo I in Palazzo Vecchio e perduto (ne esistono
alcune copie di cui la migliore pare quella di Chéramy): opere che
già furono attribuite al Verrocchio stesso o a Lorenzo di Credi. Nel 1478
L., in piena libertà artistica, dipinge la
Madonna Dreyfus
o
Madonna che porge una melagrana al bambino (che fino a quarant'anni fa
era considerato uno dei migliori frutti della bottega del Verrocchio e
attribuito a Lorenzo di Credi) ora alla National Gallery di Washington e la
Madonna del Fiore, ora all'Ermitage di Leningrado, che alle reminiscenze
verrocchiesche unisce l'applicazione piena dello sfumato. Forse
contemporaneamente
L. disegnò la
Madonna del Gatto
(Uffizi), la
Pala d'altare per la Cappella di S. Bernardo nel Palazzo
Vecchio di Firenze (elencato fra le opere perdute),
San Gerolamo, alla
Pinacoteca Vaticana in cui l'Heydenreich vede nell'anatomia tesa del santo una
suggestione del Pollaiolo. Al 1481 risale l'
Adorazione dei Magi, commessa
dai frati del convento di S. Donato a Scopeto (ora agli Uffizi) rimasta
incompiuta per la partenza di
L. per Milano. Sin da queste opere
giovanili del primo periodo fiorentino, specialmente nell'
Adorazione del
Magi, abbiamo prova della novità della pittura leonardesca, il
cosiddetto "sfumato". Con questa definizione si intende lo speciale chiaroscuro
con cui
L. era solito avvolgere le figure umane, rendendo pittoricamente
la morbidezza dell'atmosfera e quel senso di indeterminato che
contraddistinguono le sue tele. Nel 1483 a Milano fu allogata dagli scolari
della Concezione a
L. e ai fratelli Ambrogio ed Evangelista de Predis la
tavola della
Vergine delle Rocce. Secondo uno schema piramidale, la
Vergine con Gesù, il Battista e un angelo si dispongono entro una grotta,
aperta da squarci verso la luce lontana del tramonto. I contorni dei lineamenti
si smarriscono, sfumano; il rilievo, velato, esplode dove la luce sfiora le
cose: la gamma dei colori va sempre più limitandosi a poche tinte. Di
questa tavola si posseggono due redazioni: una al Louvre di Parigi; l'altra alla
National Gallery di Londra (quasi certamente opera degli allievi di
L.).
Seguono:
Testa di fanciulla (La Donna Scapigliata) alla Galleria
Nazionale di Parma: abbozzo a terra ombra impiastricciato di vecchia ambra
inverdita;
Madonna che allatta il bambino (Madonna Litta) all'Ermitage di
Leningrado da riferirsi al primo soggiorno milanese di
L. Seconda grande
opera pittorica del periodo milanese è il
Cenacolo nel refettorio
delle Grazie, purtroppo giunto a noi seriamente compromesso per esser stato
dipinto da
L. non a
buon fresco ma a tempera. Nell'ampia sala gli
apostoli sono disposti, secondo un ritmo ternario, a contrasto col divino
isolamento del Redentore. In questo periodo l'attività di
L. fu
varia e molteplice: dalla decorazione del Castello Sforzesco di Milano (sala
delle Asse, ampiamente restaurata), ai ritratti di Cecilia Gallerani e Lucrezia
Crivelli; dalla
Leda (nota attraverso repliche) al monumento a F. Sforza;
dal
Redentore all'Assunta con i Santi Domenico e Pietro da Verona,
Ludovico il Moro e Beatrice d'Este, già a Milano in Santa Maria delle
Grazie. Tali opere sono andate perdute. Rimangono il ritratto del Louvre, la
Dama dalla reticella di perle (forse Beatrice d'Este) alla Pinacoteca
Ambrosiana di Milano; quella della
Dama dell'ermellino della galleria
Czartoryski di Cracovia; la
Belle Ferronnière, al Louvre, ritratto
di una duchessa di Mantova la cui origine oscilla tra il 1482 e il 1497;
Ritratto di Isabella d'Este al Louvre: a carboncino e pastello (matita
nera e sanguigna) con tocchi di rosso nelle carni e nei capelli e di giallo
nelle vesti;
Sant'Anna, la
Madonna, il
Bambino e
San
Giovanni alla National Gallery di Londra, a carboncino con lumi di biacca e
chiaroscuro: assieme al precedente ritratto, costituisce l'unico cartone
superstite dei molti che senza dubbio
L. eseguì per opere di
qualche importanza. Nel 1500
L. è nuovamente a Firenze. Ebbe
allogazione da Pier Soderini del
David, poi affidato a Michelangelo;
compose il cartone per
Sant'Anna condotta in pittura al termine della sua
vita. Sempre a Firenze, più tardi (1503),
L. ebbe incarico di
dipingere su una parete della sala del Maggior Consiglio, un episodio della
Battaglia d'Anghiari (sulla parete opposta Michelangelo doveva affrescare
la
Battaglia ai Cascina). Anche qui
L. tentò di affrontare
un problema tecnico, con l'intento di far rivivere l'antica tecnica
dell'encausto. Ma il risultato fu disastroso e
L. abbandonò la
pittura appena iniziata. I cartoni per essa furono oggetto di studio degli
artisti, ed andarono distrutti. Forse
L. eseguì in quel tempo
(verso il 1503) il ritratto che va sotto il nome fantastico di
Gioconda
(molto probabilmente Lisa Gherardini, nata nel 1479, sposa a Francesco
Bartolomeo del Giocondo). Al celebre vago sorriso s'accorda il velato paese
intriso di nebbie sfatte e da esse reso surreale: questo paesaggio volutamente
indeterminato, con la sua atmosfera autunnale densa di brume, nasce come
geografia senza tempo e senza spazio, tanto da ricordare ora le rive dell'Arno,
ora, altrettanto bene, i fiumi lombardi. L'attività artistica di
L. durante il secondo periodo milanese (1507 circa) rimane
pressoché oscura. Durante il soggiorno in Francia
L. compì
il
S. Giovanni Battista ora al Louvre; il
Bacco, sempre al Louvre;
e terminò la
S. Anna. In questo quadro, concepito con sottili
intenti iconografici, la luce diffusa stinge i colori: lo "sfumato" diviene
più prezioso, più lieve. Il
S. Giovanni (ora al Louvre)
è opera meno felice. L'arte di
L. influenzò variamente
artisti settentrionali (Dürer, forse lo stesso Bosch) e italiani
(Giorgione, Correggio, Fra' Bartolomeo e Andrea del Sarto); l'arte stessa di
Raffaello non si sottrasse al fascino di
L. (la
Gioconda fu
certamente il modello nel ritratto di Maddalena Doni). Una concezione e una
pratica dell'arte opposte a quelle di
L. furono invece quelle di
Michelangelo, figlio di una nuova sensibilità che si esplicò in
pittura nella formidabile potenza dei suoi nudi, delle figure avvitate su se
stesse, lontane dalla serenità enigmatica dei volti leonardeschi. ║
Scultura: l'attività di scultore di
L. non ebbe
l'importanza di quella del pittore. Dal 1483 al 1500 egli attese all'immane
monumento equestre di F. Sforza (il cavallo misurava circa 7 m), la cui forma di
creta fu distrutta al tempo dell'occupazione francese. Dal 1508 al 1511 sono
databili altri disegni per un monumento a G.G. Trivulzio. Alcune sculture del
XV-XVI sec. sono state attribuite a
L.: in esse si è vista la sua
collaborazione in sculture del Verrocchio.
L. non ha diretto o progettato
la costruzione di nessun edificio giunto sino a noi; pertanto il suo pensiero
architettonico può essere ricostruito soltanto in base ai suoi scritti,
ai suoi disegni e alla documentazione offerta da alcuni suoi dipinti.
L.
concepisce un tipo di disegno architettonico essenzialmente nuovo ai suoi tempi,
basato sullo spaccato e sulla resa corretta della prospettiva a volo d'uccello.
A Milano, dove egli era in contatto con D. Bramante,
L. si occupò
dei progetti del duomo di Pavia, di particolari problemi costruttivi del tiburio
del Duomo di Milano. Notevoli i suoi studi urbanistici in rapporto alla
distribuzione del traffico, alla canalizzazione, all'igiene (specialmente nel
primo periodo milanese). Si pensa a un intervento di
L. sulla
progettazione del castello di Chambord, iniziato nel 1518 per Francesco I.
Leonardo da Vinci: “Dama con l'ermellino” (Cracovia, Czartoryski Museum)
Leonardo da Vinci: “La Gioconda” (Parigi, Louvre)
L'OPERA SCIENTIFICA
Nella natura
L. scorge pitagoricamente una trama di rapporti
razionali (
ragioni), esattamente calcolabili e misurabili, che può
essere colta dall'uomo per mezzo dell'esperienza, al di fuori d'ogni
autorità. Il pensiero di
L. come filosofo naturalista prelude al
razionalismo matematico di Galileo. L'opera scientifica di
L. può
essere ricostruita sulla base di schizzi e appunti che testimoniano il suo
accanito lavoro durato tutta la vita.
L. non arrivò a curare
personalmente una stesura organica delle sue intenzioni che risultano disperse
in oltre quattromila fogli, solitamente scritti a rovescio, da sinistra a
destra. Le principali raccolte postume degli scritti leonardeschi sono:
Codice atlantico (Milano, Ambrosiana); il
Codice Trivulzio
(Milano, Raccolte trivulziane); i codici
A e
B sull'anatomia
(castello di Windsor) e il
Codice sul volo degli uccelli (Torino,
Biblioteca Reale). ║
Aritmetica e geometria: l'aritmetica e la
geometria sono per
L. fondamento di tutte le scienze naturali, in
particolare della meccanica. Tuttavia, le conoscenze matematiche di
L.
restarono relativamente limitate. Perciò non si può dire che
L. abbia dato un notevole contributo originale alle matematiche: la
prospettiva aerea, della quale
L. è uno dei fondatori,
è a cavallo tra l'ottica fisica e la geometria propriamente detta.
Interessa notare che
L. in taluni suoi appunti (per esempio nel proporre
un nuovo metodo per calcolare il volume della sfera), adopera qualcuno di quei
procedimenti geometrici di tipo infinitesimale, che saranno più di un
secolo dopo ritrovati e perfezionati da Galileo, B. Cavalieri e E. Torricelli;
interessanti anche i risultati e gli studi di
L. relativi alle lunule
quadrabili elementarmente. ║
Meccanica: la meccanica può ben
considerarsi la scienza prediletta da
L., alla quale può dirsi che
egli abbia portato il maggiore contributo di originalità. Le sue fonti
maggiori d'informazione sono, oltre le opere di Aristotele e di Archimede, i
libri
De ponderibus di Giordano Nemorario. Riprendendo le loro ricerche
sulla leva e la bilancia, gli si fa chiara la nozione del momento di una forza
rispetto a un punto. Da Giordano Nemorario,
L. trae pure la conoscenza
della condizione di equilibrio su un piano inclinato, rimasta ignota alla
meccanica greca. Dallo stesso Giordano Nemorario e da Biagio da Parma deriva il
concetto che modernamente si esprime nel principio del parallelogramma delle
forze e lo applica a risolvere il problema della determinazione delle tensioni
nei due tratti di una fune fissata agli estremi e soggetta ad un peso in un
punto intermedio: così scopre alcuni casi particolari di quel che
sarà, circa due secoli più tardi, il teorema di Varignon, e
utilizza la scoperta per trattare questioni relative all'equilibrio di un solido
girevole attorno a un asse o a un punto fisso. Da Aristotele,
L. trae le
sue limpide considerazioni sulla stabilità della bilancia, e da queste
giunge alla nozione di poligono di sostentazione e alla conseguente condizione
di equilibrio di un solido pesante poggiato su un sostegno orizzontale. La
teoria delle macchine semplici è oggetto di numerosi altri appunti. Nella
teoria dei baricentri
L. compie il solo reale progresso che sia stato
ottenuto da Archimede in poi, soprattutto assegnando, senza peraltro farci
conoscere il metodo che lo condusse alla scoperta, il baricentro del tetraedro e
quello d'una qualunque piramide. In ciò Galileo fu dunque preceduto,
senza saperlo, da
L. E in
L. Galileo ebbe pure un predecessore
nelle ricerche relative alla
nuova scienza della resistenza dei
materiali. Pure indubbiamente primo è
L. nel considerare in modo
razionale l'attrito o
confregazione e i suoi effetti nelle macchine e nei
veicoli, e a istituire esperienze che, salvo la maggiore raffinatezza, non
differiscono da quelle ideate tre secoli dopo da Ch.-A. Coulomb. Le conoscenze
dinamiche di
L. derivano e si ricollegano a quelle della dinamica greca.
Compaiono così in
L. le prime precise idee sul concetto di forza e
di percussione e sulla resistenza dell'aria che, in accordo con la teoria
dell'impeto di Buridan e in netto contrasto con quella aristotelica, viene
correttamente considerata come un ostacolo che "impedisce ed abbrevia il moto al
mobile". Circa le leggi della dinamica,
L. deve essere certamente
annoverato tra coloro che hanno maggiormente contribuito alla scoperta della
prima legge, o legge d'inerzia; invece per la seconda legge resta fermo alla
dinamica aristotelica che postula la proporzionalità tra forza e
velocità. Circa la libera caduta dei gravi nel vuoto,
L. intuisce
la relazione tra velocità e tempo, ma non quella tra spazio e tempo
scoperta poi da Galileo. In sostanza il persistere delle teorie aristoteliche
è anche per
L. un grave intralcio a un coerente sviluppo della
dinamica. Nel moto dei gravi per archi e corde di cerchio non gli sfugge il
fatto che il moto per l'arco si fa in minor tempo che per la corda; e ancora
riguardo alla caduta dei gravi intuisce gli effetti che su essa provoca la
rotazione della Terra per effetto della quale il grave viene deviato verso Est.
║
Idraulica e aerodinamica: i lavori di ingegnere idraulico
portarono
L. a occuparsi del moto dell'acqua. Egli enuncia il principio
dei vasi comunicanti anche per liquidi di densità e, un secolo e mezzo
prima di Pascal, il principio fondamentale dell'idrostatica. Dà un'esatta
interpretazione del
paradosso idrostatico e stabilisce, per il moto delle
acque correnti, il principio della portata costante, secondo il quale in un
corso di acqua uniforme a sezione variabile la velocità della corrente
varia in ragione inversa della sezione. I suoi studi sul volo degli uccelli e
sul
volo strumentale lo portarono a investigare le leggi
dell'aerodinamica: egli osservò la compressibilità e il peso
dell'aria e intuì l'importanza di codesti elementi ai fini del volo, ai
fini cioè del sostentamento nell'aria del più pesante.
L.
stabilì altresì il principio di reciprocità aerodinamica,
secondo il quale le mutue azioni fra solido e aria variano solo con la
velocità relativa; fu il primo a considerare il centro di pressione e la
sua relazione col baricentro del corpo e forse anche ad avere intuizione delle
linee di corrente. ║
Ottica, astronomia: seguendo generalmente le
idee aristoteliche o quelle degli Arabi,
L. accetta in ottica la teoria
delle specie, emanate dai corpi luminosi e propagantisi nell'aria o nell'etere
per onde sferiche come il suono, istantaneamente o quasi: si occupa di problemi
della visione semplice e di quella binoculare, della dispersione della luce,
della teoria delle ombre. La perspicua descrizione della camera oscura e della
sua teoria, già nota agli Arabi, mostra che egli ne aveva intuito
l'applicazione che se ne fa nell'occhio. Lo studio della riflessione di un
fascio di raggi paralleli in una sfera cava lo porta alla nitida considerazione
delle caustiche di riflessione.
L. non si occupò in modo
particolare di astronomia, ma le poche osservazioni che ha lasciato ne mostrano
anche in questo campo l'acutezza profonda delle intuizioni. Certamente egli
dovette avere un'idea abbastanza precisa, e contraria alle vedute tradizionali,
della posizione della Terra nell'universo: riconobbe che il Sole illumina i
pianeti e che essenziale è la sua influenza sulla vita terrestre;
disegnò le macchie della Luna: per primo spiegò quel che egli
chiama il fenomeno della
luce cinerea, che ancora ai tempi di Galileo fu
oggetto di discussioni e di errate interpretazioni. ║
Geologia: in
geologia storica,
L. fu nettunista, e in senso nettunista egli spiega la
presenza dei fossili marini (nicchi) in località distanti dal mare,
contraddicendo la teoria che faceva dipendere il fenomeno dal diluvio
universale. ║
Anatomia e fisiologia: i suoi disegni anatomici
rappresentano il primo materiale iconografico scientificamente elaborato e
aprono la serie dei validi e coraggiosi tentativi di disancoramento
dell'anatomia umana dalle concezioni allora imperanti da ben tredici secoli, in
parte codificate da Galeno. Numerose furono le dissezioni operate da
L.
nonostante le difficoltà di diversa natura. Per esempio, a Roma dovette
difendersi da una denuncia dell'artefice tedesco Giovanni degli Specchi che
additò
L. al papa come profanatore di salme. I contributi di
L. in anatomia e in fisiologia sono imponenti. In campo osteologico sono
particolarmente rilevanti: la scoperta del seno mascellare (detto anche
antro
di Higmore, dal nome del medico e anatomista inglese che lo descrisse nel
1651); la prima esatta raffigurazione della colonna vertebrale con le sue curve
fisiologiche giustamente valutate; la corretta interpretazione dell'osso sacro,
considerato come risultante dalla fusione di cinque vertebre (e non di tre, come
voleva l'anatomia tradizionale); il riscontro della giusta inclinazione del
bacino; ecc. Gli studi sull'apparato muscolare hanno portato
L. a
compiere la prima rassegna iconografica dei muscoli dell'uomo; a studiare la
funzione dei vari muscoli degli arti sostituendoli con fili di rame; ad
introdurre un originale metodo di studio degli elementi morfologici degli arti,
basato sull'impiego di tagli trasversali praticati a piani diversi (procedimento
usato anche dai moderni anatomisti); e quello della descrizione per strati.
Pazienti studi dedicò anche all'apparato circolatorio, e frutto di questi
fu la scoperta di quella formazione intracardiaca che oggi in suo onore è
chiamata
trabecola arcuata di L. da Vinci. Per studiare, la conformazione
delle cavità ventricolari del cuore e del cervello ne riprodusse il
calco, introducendo in esse cera liquida od altre sostanze solidificabili.
È probabile che per lo studio della fisiologia del sistema nervoso
L. abbia effettuato qualche esperimento di vivisezione. L'incorporamento
dell'occhio in materiale coagulabile (albume d'uovo) per poterlo tagliare senza
pregiudizio dei rapporti dei suoi costituenti, fanno di
L., in un certo
senso, un precursore dei metodi di inclusione usati nella moderna istologia.
Egli studiò anche la funzione visiva in quasi tutti i suoi aspetti
fondamentali tra cui: il senso stereoscopico, l'acuità visiva, la
sensibilità cromatica, le modificazioni pupillari al variare
dell'intensità degli stimoli luminosi, le illusioni ottiche, la questione
della grandezza delle immagini in rapporto all'angolo visivo, ecc. Del fegato
L. dà la prima raffigurazione sostanzialmente esatta; fa
interessanti considerazioni sui processi nutritivi e sembra intuire, sia pure
vagamente, il concetto del ricambio materiale. Il meccanismo degli atti
respiratori e della fonazione interessò molto
L. che avrebbe
addirittura elaborato un trattatello, finito nel 1514, ma andato perduto.
║ In anatomia artistica, infine,
L. pur attenendosi per lo
più ai canoni di Vitruvio e di Varrone formulò alcuni principi
antropometrici; così, ad esempio, egli faceva corrispondere la lunghezza
del piede ad 1/7 di quella dell'intero corpo (piede leonardesco) anziché
1/6, come aveva codificato Vitruvio. ║ Zoologia:
L.
prospettò con chiarezza le affinità morfologiche e funzionali che
corrono fra l'uomo "prima bestia infra gli animali" e varie specie di mammiferi,
specialmente le scimmie, carnivori, artiodattili e perissodattili. ║
Botanica: sviluppò osservazioni che vanno al di là dell'interesse
iconografico. Nello studio della fillotassi,
L. osservò la
disposizione quincunciale (2/5), rilevata poi dal Brown (1658); studiò il
geotropismo negativo e l'eliotropismo positivo; i movimenti delle linfe negli
organismi vegetali e i loro effetti; infine per primo dedusse l'età e
l'orientamento originario dei fusti dalla osservazione dei cerchi concentrici
della sezione.
IDEE INVENZIONI OPERE E
PROGETTINel campo dell'idraulica pare sia di
L. la
sistemazione del canale della Martesana; e suoi sono il progetto di sistemazione
dell'Adda, e un grande e complesso piano di bonifica delle Paludi Pontine. A
servizio di Firenze studiò, a fini strategici, un progetto per la
deviazione dell'Arno a monte di Pisa, che ebbe il caloroso appoggio di N.
Machiavelli. Al servizio di Venezia, per l'incombente minaccia dei Turchi che
avevano invaso il Friuli, studiò il percorso dei maggiori fiumi del
Veneto, ideando tra l'altro un
serraglio mobile sull'Isonzo presso
Gorizia, allo scopo di elevare il livello del fiume e provocare così
l'allagamento della pianura. Durante il suo soggiorno in Francia progettò
il canale di Romorantin che doveva collegare Rodano e Loira. I progetti di
canali e bonifiche sono quasi sempre accompagnati dallo studio di adeguati
strumenti di lavoro; cavafanghi, draghe, pompe, apparecchi di sollevamento dei
materiali, ecc.; e ai piani di bonifica sono associati piani edilizi e
urbanistici conformi ai migliori canoni della tecnica urbanistica e
dell'ingegneria sanitaria moderna. Gli studi sul volo strumentale risalgono in
parte al primo periodo del soggiorno a Milano, tra il 1486 e il 1490, e in parte
al secondo periodo del soggiorno a Firenze, verso il 1505, e a Fiesole.
L. progettò macchine che, se pur valide oggi soltanto per un
interesse storico, restano per i suoi tempi capolavori di ingegnosità.
Tra le macchine volanti si ricordano il paracadute, e il prototipo di un
elicottero in cui viene impiegata come organo propulsore la vite. ║
L. fu anche un espertissimo tecnico militare. Tra le sue idee e progetti:
studi per sottomarini, disegni di cannoni (con carrello e dispositivi per la
rapida elevazione del fusto) e di bombarde per il lancio di bombe esplosive;
cannoni a organo, costituiti da molte piccole canne disposte a raggiera che
possono sparare simultaneamente; cannoni a revolver; ponti da campo, carri
coperti con artiglierie; l'architronito, sorta di cannone in cui si sfrutta la
forza espansiva del vapor d'acqua (peraltro già conosciuto dai
Bizantini); battelli incendiari; e poi ancora norme di guerra terrestre e
navale, ecc. Fra gli altri meccanismi e dispositivi studiati da
L.
meritano d'esser citati l'incannatoio automatico e la cimatrice; poi
innumerevoli artifizi per la trasformazione di moti progressivi in moti
alternativi e di moti continui in moti intermittenti; argani, torni,
perforatrici, seghe meccaniche, macchine per la filettatura delle viti;
trivelle; ponti girevoli; laminatoi, ecc. (Vinci, Firenze 1452 - castello di
Cloux, od. Clos-Lucé, presso Amboise 1519).
Visita virtuale alla Galleria di Leonardo presso il Museo della Scienza e della Tecnica di Milano
Raffigurazione di macchina ossidionale